Pioggia e freddo non hanno impedito alla capitale di vivere ieri una bella domenica di sport, come sempre accade quando si disputa la Maratona di Roma. Decine di migliaia di atleti (quasi centomila riporta il sito dell’ANSA) hanno partecipato e dato concretezza a una manifestazione che alla fine ha visto trionfare due maratoneti etiopi, ma che ha regalato emozioni non solo ad Abebe Negewo Degefa e Meseret Kitata Tolwalk.
L’arrivo della primavera è stato quindi esaltato a Roma dalla partecipazione in massa a una iniziativa che riaccende i riflettori su una delle attività sportive più antiche in un contesto che ai fasti del passato riporta con grande facilità.
Sano movimento in primo piano, dunque. Ma anche fatica e determinazione, come accade sempre quando l’agonismo si affianca allo sport per accentuare l’aspetto della competitività.
E chi ha voluto competere fino alla fine, ha dovuto prima organizzarsi e allenarsi al massimo delle proprie potenzialità, seguendo la rigida metologia richiesta ai maratoneti per reggere l’urto di una prova tanto dura.
A questi atleti viene chiesto infatti uno sforzo particolare, in un certo senso innaturale, dato che il nostro organismo deve adattarsi alle difficili condizioni fisiche necessarie per praticare questo genere di sport.
Un adeguato programma di allenamento dura circa cinque o sei mesi e prevede un costante incremento della distanza percorsa settimanalmente con le scarpe indosso per allargare le maglie della resistenza alla fatica.
Particolare attenzione viene riposta nella gestione del consumo di risorse, tramite un allenamento capace di preparare l’organismo nel momento in cui deve liberare e poi recuperare energie.
Per questo motivo, per preparare al meglio il fisico, bisogna affidarsi a preparatori capaci e attenti, oltre ad alternare adeguatamente riposo e sforzo durante gli allenamenti.
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